Dio è comunicazione per eccellenza. Giuseppe De Carli, professionista al servizio della Verità
In appendice I viaggi dei Papi tra diplomazia e comunicazione di SER Mons. George Gänswein e Marco Tosatti
L’ultima immagine che conservo di Giuseppe De Carli è del marzo 2010. Vulcanico, entusiasta come sempre, una raffica di idee. Non riusciva a stare fermo un attimo su quella poltrona. Ci aveva convocato nel suo studio di Borgo Sant’Angelo, voleva coinvolgere i colleghi del Tg2 nel progetto di uno speciale su Papa Wojtyla che fu trasmesso poi il 18 maggio 2010. Fu l’ultima sua produzione, morì due mesi dopo. Era già malato, un segreto che per pudore conservava per sé. Anche noi ignoravamo la gravità del male, e nulla nei suoi modi e nel suo volto lo faceva presagire.
Lo intricava come tutte le cose nuove e un po’ audaci l’idea di collaborare con giornalisti di una testata diversa e storicamente “competitiva” rispetto al suo Tg1, in cui aveva profuso tante energie prima di impegnarsi come responsabile della struttura Rai Vaticano. Collaborazione inedita, già sperimentata giusto un anno prima, in occasione del viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa (maggio 2009). Indimenticabile la telecronaca che facemmo insieme della preghiera del Papa sul Monte Nebo in Giordania. E la Messa a Nazareth, sul Monte del precipizio, sveglia alle tre e mezza della notte. Lui felice come un bambino, mai un lamento per i disagi (...). E poi il commento in diretta dell’evento, la solita professionalità, pagine e pagine di appunti preparati con pignoleria su ogni aspetto storico e liturgico della Messa in Galilea. Aveva convinto il Cardinale Carlo Maria Martini, già malato di Parkinson, a registrare un breve commento biblico su ognuna delle tappe del pellegrinaggio. Era così, puntava sempre al massimo. Professionale, ne aveva viste tante, eppure sapeva stupirsi ogni volta.
(dalla Prefazione di Lucio Brunelli)